di fr. Gabriele Faraghini, PFI
rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore
«Al seguito di Gesù» con Charles De Foucauld
La Regola della comunità religiosa alla quale appartengo, i Piccoli fratelli di Jesus Caritas, dice: «Al seguito di Gesù, Verbo di Dio incarnato, che per amore si è fatto povero dalla nascita di Betlemme, durante la sua vita di operaio a Nazaret fino alla morte in croce, il piccolo fratello si impegna, con il voto di povertà, a vivere nello spirito delle Beatitudini. Ricorderà pure che il vero povero non è tanto colui che non possiede oppure si priva di questo o di quello, ma colui che vive la disponibilità e la dipendenza nell’accogliere ciò che Dio solo gli può donare, e nella condivisione con chiunque in nome suo glielo possa chiedere, fosse anche il “più piccolo dei suoi fratelli”».
Trovo che ci sia tutto quello che significa la povertà autentica per un cristiano, e provo a rifletterci un po’ sopra.
Il vero motivo della povertà sta nelle prime parole: «al seguito di Gesù». La povertà è anzitutto la scelta preferita da Dio in tutta la storia della salvezza fino al suo culmine in Gesù che è stato povero: «Signore mio Gesù, come sarà presto povero colui che amandoti con tutto il cuore, non potrà sopportare d’essere più ricco del suo Beneamato», scriveva il Beato Charles de Foucauld.
Non sono motivi sociali a farci cercare la povertà, ma il desiderio di «vivere nello spirito delle Beatitudini». È una spinta al positivo che deve animare questa ricerca e la prima attenzione non deve essere quindi posta sulle rinunce da fare, sulle cose da non possedere, bensì su colui che si vuole cercare di seguire con la nostra esistenza.
In effetti la povertà in sé non ha niente di invidiabile o di positivo: è frutto dell’ingiustizia e produce rabbia o rassegnazione in chi si trova a subirla… per chi è povero veramente il suo stato non è di certo invidiabile.
Noi cristiani spesso teorizziamo molto sulla povertà mentre i veri poveri che la vivono sulla pelle non ne sono così entusiasti. Ma questa verità è legata anche al fatto che la povertà non è semplicemente non avere, bensì avere Gesù come tesoro perché «dov’è il tuo tesoro là sarà anche il tuo cuore» (Mt 6,21).
La povertà materiale dovrebbe essere per noi la conseguenza concreta, la cartina al tornasole di un cuore interessato e attaccato solo al Signore.
Dovremmo esaminarci molto su questo, sulla nostra povertà materiale, che frere Charles e i suoi piccoli fratelli e piccole sorelle vogliono estesa anche alla comunità religiosa oltre che al singolo.
In quel meraviglioso libretto che è La vita del piccolo San Placido di suor Genoveffa Gallois c’è l’apparizione di un personaggio strambo, la zia suor Leocadia-dei-gatti che fa visita al piccolo monaco: «Micino, tesoruccio mio, cocco caro… ha fatto la pappa il mio cocco? Non ha mangiato la bistecca, i piselli, il form… Cosa diavolo sta succedendo? Nipote mio, non sarai così ingenuo da credere che si possa trascorrere tutta la vita ad amare Dio solo! Non c’è gusto… perciò colmiamo i vuoti del cuore…».
Il vero problema è dunque «cardiaco»!
Da un lato possiamo correre il rischio di coprire e giustificare le nostre ricchezze alle quali attacchiamo il cuore, per cercare di «convivere» con la povertà, dall’altro rischiamo di cadere in una grettezza che è spilorceria, economia, sempre con l’intento di giustificarci, di sentirci a posto con la coscienza!
«Il vero povero non è tanto colui che non possiede oppure si priva di questo o di quello, ma colui che vive la disponibilità e la dipendenza nell’accogliere ciò che Dio solo gli può donare, e nella condivisione con chiunque in nome suo glielo possa chiedere, fosse anche il “più piccolo dei suoi fratelli”». Condividere è il segno della povertà vera… è una cosa veramente scomoda che mette alla prova gli attaccamenti del nostro cuore.
Per concludere, credo che alla fine di tutto il vero problema sia la nostra poca fede nel Signore. Il nostro cuore non è veramente attaccato a Gesù solo. Non cerca Lui solo ma ha bisogno dei gatti come suor Leocadia!
Comunque continuare a camminare con fiducia e speranza, senza mascherare le difficoltà, anzi cercando proprio di smascherarle forse ci aiuterà a progredire nell’amore.
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