La storia del nostro seminario regionale, da decenni, racconta il desiderio di porre un’attenzione particolare alla formazione dei seminaristi e di tutta la comunità. Già dal 1983 fu avviato un processo che portò alla stesura del progetto formativo A immagine di Cristo buon pastore, pubblicato poi nel 1989 a cura di S.E. Mons. Vito Angiuli e don Pio Zuppa.
S.E. Mons. Agostino Superbo fu un vero e proprio pioniere nel voler avviare e proporre un lavoro scientifico di questa portata; lavoro che poi avrebbe portato noi, oggi, a sentirci parte di un processo che non riteniamo concluso e definitivo. Il loro sogno è arrivato fino a noi, coinvolgendoci tra ideazione e sperimentazione, punti fermi e flessibilità.
Oggi, nel 2020, siamo contenti di poter dire che la nostra comunità ha vissuto e continua a vivere dei cambiamenti. Anche se alle volte abbiamo provato la fatica dell’instabilità, questo non ci ha irrigiditi nella nostra pratica formativa.
Un primo aspetto non scontato è stato scegliere di metterci anche noi in formazione. Pensare solo per un’istante che sarebbe possibile fare formazione senza formarsi, o è da ingenui o è da irresponsabili.
Come èquipe formativa, educatori e padri spirituali, personalmente e in gruppo, in forme e tempi diversi, abbiamo scelto e deciso di metterci in formazione accogliendo proposte diverse nel panorama italiano. Abbiamo condiviso la necessità e il bene che tutto questo ha portato nella nostra comunità, a tutti i livelli. Ci siamo donati l’opportunità di cogliere l’appello che la vita ci metteva dinnanzi attraverso il ministero nell’accompagnamento dei futuri presbiteri di Puglia.
Insieme, abbiamo maturato una scelta: di cambiare il modo di fare formazione.
Abbiamo voluto discostarci dal modello di formazione come informazione, il quale mira a far assimilare una serie di informazioni “a cascata”; un modello che si basa sulla teoria che “sapere basti per saper fare”. Abbiamo scelto di lasciare un modello di formazione come addestramento, il quale porta in sé l’idea che “saper fare equivale a saper essere”.
La nostra prospettiva è quella del modello laboratoriale. Descrive bene questo modello fratel Enzo Biemmi nel suo testo Compagni di viaggio: «Si tratta di un processo formativo che si prende a carico le tre dimensioni della persona (l’essere, il sapere e il saper fare) e mira non tanto a far accumulare conoscenze o competenze, ma a rendere consapevoli le persone, in grado di conoscere se stesse e la realtà e capaci di progettazione pastorale»[1].
La proposta ha il fine di una formazione sempre più integrata. Infatti, la formazione è condotta sia dal padre spirituale di gruppo che dall’educatore. Stiamo cercando di far passare, così, il carattere olistico della formazione; di essere chiamati a una integrazione della vita e non a una scissione tra vita interiore e vita esteriore. Che c’è una circolarità relazionale tra i valori proclamati e quelli vissuti, tra i nostri bisogni profondi e come Dio si rivela nella nostra vita.
Sentiamo che questo modello ci sta aiutando come comunità a stare nella vita in autenticità, con responsabilità e in profondità. A uscire dalle nostre zone di comfort; a imparare che la relazione tiene sempre dentro un contenuto e che non è detto il contrario. Che teoria, linguaggi, pratiche, modelli di apprendimento, esperienza, verifica e impegni concreti possono stare benissimo insieme senza entrare necessariamente in conflitto.
Nel solco del processo formativo della nostra comunità abbiamo voluto piantare questo piccolo seme. Il sogno che nutriamo è quello di assaporarne i frutti nella vita dei futuri presbìteri e presbitèri nella nostra terra di Puglia, come, chi ci ha preceduto ha desiderato prima di noi.
don Davide Abascià, educatore del V anno
[1] E. Biemmi, Compagni di viaggio. Laboratorio di formazione per animatori, catechisti di adulti e operatori pastorali, EDB, Bologna 2003, p. 9.
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