Tutta la liturgia del Venerdì Santo ha un andamento grave, profondo, carico di tanta emozione. Inizia con la liturgia delle ore e si completa con la celebrazione pomeridiana in cui viene solennemente commemorata la Passione del Signore. Si vive in un clima di silenzio, mantenendo un atteggiamento umile e raccolto, dove la preghiera diventa lotta, come quella di Gesù nel Getsemani, silenzio “É bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore (cfr Lam 3,26).
Leggendo e commentando il brano della Passione di Gesù secondo Giovanni (Gv 18,1-19,42) mi soffermerò sul passaggio del testo in cui a Gesù mostra la sua sete e gli vien da bere aceto.
Di cosa ha sete Gesù? A che sete si riferisce? Certamente non sete di potere, infatti, dinanzi a Pilato, che è autorità politica, il Cristo assume un atteggiamento di silenzio. Inoltre, molte volte nel Vangelo, Gesù non risponde quando è interrogato, come nel Sinedrio (cfr Mt 26,63) e con l'adultera (cfr Gv 8,6).
Gesù tace per misericordia, per suscitare la fede e per compiere il disegno di salvezza, fino al silenzio della croce.
Sete di vendetta? Neanche, Gesù non accenna mai a una reazione di vendetta, infatti invita Pietro a rimettere la spada nel fodero e non reagisce a nessuna delle umiliazioni subite.
Di che sete si tratta allora? Il salmo 42,3 ci aiuta a trovare una risposta, «l'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente»:si tratta di una sete di salvezza, di relazione e di amore con il Padre, la stessa che egli vuole donare a noi.
Alla richiesta di sete di Gesù, gli viene portato l'aceto che era posto in un vaso. Il vaso richiama le nozze di Cana. Il vino è simbolo di amore vita piena. L'aceto è vino andato a male. Se a Cana mancava vino, questo vaso è pieno di aceto. Alla mancanza di amore corrisponde la pienezza di odio. Gesù accoglie l'aceto, beve la nostra vita andata a male. Al suo accogliere corrisponde il suo consegnarsi nel dono dello Spirito.
La nostra risposta alla sua sete è portargli aceto; la sua risposta è accogliere il nostro aceto e consegnarci lo Spirito.
L'accoglienza dell'aceto sta a significare come Gesù abbia voluto assumere la nostra natura umana. Questo mistero lo ricordiamo in ogni celebrazione durante l' offertorio, quando chi presiede la Celebrazione Eucaristica dice: «l'acqua unita al vino è segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana». Assumendo la nostra natura Gesù ci ha accolti consegnandoci lo Spirito che ci unisce al Padre.
Dopo la sua morte dal costato trafitto di Cristo escono sangue e acqua: il sangue fa riferimento all'Eucarestia, l'acqua al Battesimo attraverso questi elementi egli ci rinnova e purifica dai nostri peccati.
Il Figlio «compie» così tutta la Scrittura: disseta la sua sete infinita di amore accogliendo ogni male dell'amato.
Valentino Giancane, IVanno
Tutta la liturgia del Venerdì Santo ha un andamento grave, profondo, carico di tanta emozione. Inizia con la liturgia delle ore e si completa con la celebrazione pomeridiana in cui viene solennemente commemorata la Passione del Signore. Si vive in un clima di silenzio, mantenendo un atteggiamento umile e raccolto, dove la preghiera diventa lotta, come quella di Gesù nel Getsemani, silenzio “É bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore (cfr Lam 3,26).
Leggendo e commentando il brano della Passione di Gesù secondo Giovanni (Gv 18,1-19,42) mi soffermerò sul passaggio del testo in cui a Gesù mostra la sua sete e gli vien da bere aceto.
Di cosa ha sete Gesù? A che sete si riferisce? Certamente non sete di potere, infatti, dinanzi a Pilato, che è autorità politica, il Cristo assume un atteggiamento di silenzio. Inoltre, molte volte nel Vangelo, Gesù non risponde quando è interrogato, come nel Sinedrio (cfr Mt 26,63) e con l'adultera (cfr Gv 8,6).
Gesù tace per misericordia, per suscitare la fede e per compiere il disegno di salvezza, fino al silenzio della croce.
Sete di vendetta? Neanche, Gesù non accenna mai a una reazione di vendetta, infatti invita Pietro a rimettere la spada nel fodero e non reagisce a nessuna delle umiliazioni subite.
Di che sete si tratta allora? Il salmo 42,3 ci aiuta a trovare una risposta, «l'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente»:si tratta di una sete di salvezza, di relazione e di amore con il Padre, la stessa che egli vuole donare a noi.
Alla richiesta di sete di Gesù, gli viene portato l'aceto che era posto in un vaso. Il vaso richiama le nozze di Cana. Il vino è simbolo di amore vita piena. L'aceto è vino andato a male. Se a Cana mancava vino, questo vaso è pieno di aceto. Alla mancanza di amore corrisponde la pienezza di odio. Gesù accoglie l'aceto, beve la nostra vita andata a male. Al suo accogliere corrisponde il suo consegnarsi nel dono dello Spirito.
La nostra risposta alla sua sete è portargli aceto; la sua risposta è accogliere il nostro aceto e consegnarci lo Spirito.
L'accoglienza dell'aceto sta a significare come Gesù abbia voluto assumere la nostra natura umana. Questo mistero lo ricordiamo in ogni celebrazione durante l' offertorio, quando chi presiede la Celebrazione Eucaristica dice: «l'acqua unita al vino è segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana». Assumendo la nostra natura Gesù ci ha accolti consegnandoci lo Spirito che ci unisce al Padre.
Dopo la sua morte dal costato trafitto di Cristo escono sangue e acqua: il sangue fa riferimento all'Eucarestia, l'acqua al Battesimo attraverso questi elementi egli ci rinnova e purifica dai nostri peccati.
Il Figlio «compie» così tutta la Scrittura: disseta la sua sete infinita di amore accogliendo ogni male dell'amato.
Valentino Giancane, IVanno
Commento Venerdì santo
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