È per Gesù una notizia disarmante quella che annuncia la morte di Giovanni il Battista, la tragica fine dell’amico che ha consacrato un’intera esistenza alle esigenze del Regno.
Si tratta di un evento che disorienta il cuore e che induce l’itinerante Rabbì di Nazareth a partire “al di là sulla barca” per ritirarsi “in un luogo deserto in disparte”. È alla ricerca di un tempo e di un luogo in cui rielaborare un lutto, ricalibrare il cammino fatto e discernere quello da compiere ancora. Mi piace pensare Gesù, nella sua meravigliosa umanità, in preda al dolore e magari anche al timore di subire la stessa sorte di colui che, voce nel deserto, è stato messo a tacere nella morte.
Mi piace credere anche che da colui che fu suo maestro prima del ministero pubblico Gesù carpisca l’ultimo segreto, l’ultimo insegnamento, un modo inedito di fare della propria vita un’offerta come cibo che nutre l’animo: la testa su di un piatto, la vita su un vassoio. Quasi a darsi in pasto alla violenza, a farsi nutrimento di coloro che fanno ai propri commensali facili promesse. Chissà se questa morte non abbia illuminato Gesù in quella straordinaria “invenzione” che è l’Eucaristia, nell’intuizione di fare di sé pane e bevanda per la fame di ogni uomo! E il Vangelo di questa domenica sembra quasi farci pregustare la bontà di questo cibo, la grandezza dell’offerta di sé, la sovrabbondanza della tenerezza di Cristo. Il suo sguardo pieno di compassione vivifica tutto il racconto e attraverso le parole e i gesti, dalla forte connotazione eucaristica, si compie la prima moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il dolore della gente sembra battere al suo cuore con insistenza e di fronte all’invito dei discepoli a congedare la folla perché non venga meno nel cammino, Gesù, in un modo unico, li chiama a prendersene cura provvedendo loro stessi al sostentamento. Il Signore apre orizzonti insperati e dalla condivisione del poco che si ha e che si è, solo cinque pani e due pesci, fa germogliare un surplus che non ci si aspetta, capace di saziare in profondità. Passaggio obbligato, tuttavia, sono le mani di Cristo che ricevono e ridistribuiscono, moltiplicando, che raggiungono come una carezza il cuore di chi si è seduto sull’erba quella sera in Galilea e che continuano a raggiungere anche noi, nelle nostre sere, nella fame che ci sorprende e che ci fa mendicare pane. Fragili, ci affidiamo ancora a quelle mani benedicenti da cui il nostro poco esce trasfigurato oltre ogni nostra aspettativa, oltre ogni misura.
Commento Solennità dell’ Ascensione
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