Oggi è il primo giorno del triduum pasquale in cui celebriamo la Pasqua come passione, come passaggio di Gesù Figlio di Dio da questo mondo al Padre.
La liturgia ci fa contemplare la Passione di Gesù secondo Giovanni. Una narrazione dettagliata e intensa degli eventi che portarono alla morte di Gesù sulla Croce. Il racconto inizia con la cattura di Gesù nel giardino «al di là del torrente Cedron» (Gv 18,1) e termina con la sua sepoltura in un «giardino» (Gv 19,41). Un luogo, quello del giardino, che apre e chiude tutta la grande scena della Passione in Giovanni. L'evangelista narra la crocifissione in modo essenziale e solenne. Gesù viene portato fuori dalla città, portando la sua croce sulla schiena, fino al luogo della crocifissione. Qui Gesù viene inchiodato alla croce, e viene lasciato morire lentamente. Un racconto, quello della Passione, impregnato da legami slegati: Simon Pietro, Giuda, Pilato, Caifa. Ma anche di arditi legami: Giuseppe di Arimatea, il discepolo amato e le donne che stavano presso la Croce.
Qual è il senso di questi legami per Gesù? L’amore. È l’amore che ha condotto Gesù alla follia della Croce. La Croce rappresenta il simbolo di una vita interamente dedicata e offerta fino all'ultimo respiro. E il Signore ci insegna che passa da lì la nostra salvezza. Solo Gesù poteva trasformare uno strumento di tortura in un segno di gloria, di salvezza per tutti.
La Croce, eretta sul «luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota» (Gv 19,17) non rappresenta un fallimento, ma piuttosto la manifestazione suprema dell'amore di Dio per l'umanità e un invito a seguire l'esempio di Cristo nella nostra vita quotidiana. Sull’altare del Gòlgota si è consumato il suo sacrificio. Davvero lì tutto «È compiuto!» (Gv 19,30).
Giovanni descrive il luogo dove Gesù è stato crocifisso come un giardino che ospita un «sepolcro nuovo» (Gv 19,41), Questo particolare ci suggerisce che la Croce non è solo il luogo della morte, ma anche il luogo della resurrezione. Il sepolcro nuovo, situato nel giardino, simboleggia la nuova vita che nasce dalla morte di Cristo e che viene offerta a ciascuno di noi. Quel sepolcro diventa luogo generativo di speranza e di amore. Ed è proprio l'amore che si rivela sulla Croce è infinito e ci precede, ci accompagna e ci segue sempre. È un amore senza limiti.
In questo venerdì di Passione siamo chiamati a volgere il nostro sguardo e il nostro cuore a Cristo crocifisso e far convergere verso di Lui tutto il nostro amore.
Oggi fermiamoci davanti alla Croce, contempliamola in silenzio, lasciando che parli al nostro cuore, accettando la verità che essa rappresenta. Sostiamo sotto la Croce, fonte di forza e di speranza dove troveremo l'essenziale della nostra vita al di là del materialismo e dell'effimero, scoprendo la realtà nella sua profondità. Essa ci invita a guardare oltre le apparenze. Abbracciamo la Croce per accettare le nostre fragilità e le nostre debolezze, consapevoli che attraverso la nostra umanità possiamo giungere alla salvezza, dando un senso al cammino della nostra vita.
Sapendo che la Croce non è una condizione perpetua! È un tempo dove la nostra umanità è unita a quella di Gesù. È un tempo di grazia che ci fa scoprire la vera essenza del nostro essere.
Antonio Acclavio, IV anno
Arcidiocesi di Taranto
Oggi è il primo giorno del triduum pasquale in cui celebriamo la Pasqua come passione, come passaggio di Gesù Figlio di Dio da questo mondo al Padre.
La liturgia ci fa contemplare la Passione di Gesù secondo Giovanni. Una narrazione dettagliata e intensa degli eventi che portarono alla morte di Gesù sulla Croce. Il racconto inizia con la cattura di Gesù nel giardino «al di là del torrente Cedron» (Gv 18,1) e termina con la sua sepoltura in un «giardino» (Gv 19,41). Un luogo, quello del giardino, che apre e chiude tutta la grande scena della Passione in Giovanni. L'evangelista narra la crocifissione in modo essenziale e solenne. Gesù viene portato fuori dalla città, portando la sua croce sulla schiena, fino al luogo della crocifissione. Qui Gesù viene inchiodato alla croce, e viene lasciato morire lentamente. Un racconto, quello della Passione, impregnato da legami slegati: Simon Pietro, Giuda, Pilato, Caifa. Ma anche di arditi legami: Giuseppe di Arimatea, il discepolo amato e le donne che stavano presso la Croce.
Qual è il senso di questi legami per Gesù? L’amore. È l’amore che ha condotto Gesù alla follia della Croce. La Croce rappresenta il simbolo di una vita interamente dedicata e offerta fino all'ultimo respiro. E il Signore ci insegna che passa da lì la nostra salvezza. Solo Gesù poteva trasformare uno strumento di tortura in un segno di gloria, di salvezza per tutti.
La Croce, eretta sul «luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota» (Gv 19,17) non rappresenta un fallimento, ma piuttosto la manifestazione suprema dell'amore di Dio per l'umanità e un invito a seguire l'esempio di Cristo nella nostra vita quotidiana. Sull’altare del Gòlgota si è consumato il suo sacrificio. Davvero lì tutto «È compiuto!» (Gv 19,30).
Giovanni descrive il luogo dove Gesù è stato crocifisso come un giardino che ospita un «sepolcro nuovo» (Gv 19,41), Questo particolare ci suggerisce che la Croce non è solo il luogo della morte, ma anche il luogo della resurrezione. Il sepolcro nuovo, situato nel giardino, simboleggia la nuova vita che nasce dalla morte di Cristo e che viene offerta a ciascuno di noi. Quel sepolcro diventa luogo generativo di speranza e di amore. Ed è proprio l'amore che si rivela sulla Croce è infinito e ci precede, ci accompagna e ci segue sempre. È un amore senza limiti.
In questo venerdì di Passione siamo chiamati a volgere il nostro sguardo e il nostro cuore a Cristo crocifisso e far convergere verso di Lui tutto il nostro amore.
Oggi fermiamoci davanti alla Croce, contempliamola in silenzio, lasciando che parli al nostro cuore, accettando la verità che essa rappresenta. Sostiamo sotto la Croce, fonte di forza e di speranza dove troveremo l'essenziale della nostra vita al di là del materialismo e dell'effimero, scoprendo la realtà nella sua profondità. Essa ci invita a guardare oltre le apparenze. Abbracciamo la Croce per accettare le nostre fragilità e le nostre debolezze, consapevoli che attraverso la nostra umanità possiamo giungere alla salvezza, dando un senso al cammino della nostra vita.
Sapendo che la Croce non è una condizione perpetua! È un tempo dove la nostra umanità è unita a quella di Gesù. È un tempo di grazia che ci fa scoprire la vera essenza del nostro essere.
Antonio Acclavio, IV anno
Arcidiocesi di Taranto
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