Il silenzio del sabato santo è il silenzio di una madre che attende le prime luci dell’alba, il chiarore del primo giorno. È come una notte in ospedale: il travaglio è iniziato e i dolori del parto cominciano a sentirsi. Le madri la conoscono bene l’attesa. C’è una nuova vita che deve venire alla luce.
Ma all’improvviso, «Ecco, vi fu un gran terremoto» (Mt 28,2). Tutto il creato è in subbuglio per la gioia, così come era esploso nel dolore quando il Crocifisso gridò emettendo lo Spirito e squarciando ogni rigidità (Mt 27, 51). Quella vita nuova è venuta alla luce.
Le donne, loro che hanno fatto dell’accoglienza la cifra caratterizzante del proprio cammino di sequela, possono entrare nel luogo che ha accolto il loro Signore Crocifisso, il sepolcro. Fanno nuovamente esperienza delle braccia aperte del Maestro che le ha accolte quella prima volta e da allora non si sono più separate da Lui. Cercano Lui e lo ritrovano, in quell’abbraccio. È sconcertante, ma è proprio lo stesso abbraccio!
Così l’angelo del Signore, la voce di Dio, affida proprio a loro l’incarico di annunciare il messaggio della Pasqua «...partendo presto» (Mt 28,7), perché l’attesa è finita. C’è una nuova vita da incontrare.
L’esperienza del nostro limite, ci permette di aprirci all’amore che salva di Gesù: è questo il Vangelo. “È l’amore di salvezza, è per questo che sarà predicato” (Carlo Maria Martini).
Ma avviene sempre che quando pensiamo di essere noi a portare Gesù agli altri, è lui che ci viene incontro, che si rivela per ciò che è «Salute, a voi!», cioè Salvezza per tutti! Lui è la nostra salvezza, e quando lo incontriamo realmente, quando sperimentiamo realmente questa salvezza nella nostra vita, ecco che possiamo annunciarlo, con tutto noi stessi anche con le nostre paure, le nostre fragilità. Il Signore si presenta, pur avendo inviato le donne ad andare in Galilea dove con i gli apostoli, sui fratelli, lo avrebbero visto, e si manifesta sulla strada, impaziente corre incontro. Lasciamo che sia lui a trovarci, a consolarci, a salvarci dal nostro peccato. «Non temete» (Mt 28, 10); Gesù dice questo anche a noi incapaci di amare, di stringere e curare relazioni giuste. Mettiamoci in cammino su questa via, che è Gesù stesso. La sua presenza da risorto, si rivela in un modo nuovo a chi lo ha conosciuto: senza pretese, senza eventi strabilianti, ma ci chiede di accoglierlo ancora, ogni giorno dicendo quotidianamente il nostro sì per rimanere fedeli alla nostra umanità risorta con lui.
E lasciamo che non manchi mai la gioia. «χαίρετε» (kʰǎi̯.re.te; gioite) Questo è il vero saluto di Gesù, così come l’angelo Gabriele a Maria «Rallegrati!», tu che hai conosciuto la salvezza; così come il popolo d’Israele perduto nel deserto e inseguito da «tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri» (Es 14, 23) che viene liberato dalla mano potente del Signore.
In questa notte a Lui cantiamo oggi, come ieri: «Il Signore regna in eterno e per sempre» (Es 15, 18) e danziamo con gioia, perché «crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più» (Rm 3, 8-9).
Antonello Bruno IV anno
Arcidiocesi di Taranto
Il silenzio del sabato santo è il silenzio di una madre che attende le prime luci dell’alba, il chiarore del primo giorno. È come una notte in ospedale: il travaglio è iniziato e i dolori del parto cominciano a sentirsi. Le madri la conoscono bene l’attesa. C’è una nuova vita che deve venire alla luce.
Ma all’improvviso, «Ecco, vi fu un gran terremoto» (Mt 28,2). Tutto il creato è in subbuglio per la gioia, così come era esploso nel dolore quando il Crocifisso gridò emettendo lo Spirito e squarciando ogni rigidità (Mt 27, 51). Quella vita nuova è venuta alla luce.
Le donne, loro che hanno fatto dell’accoglienza la cifra caratterizzante del proprio cammino di sequela, possono entrare nel luogo che ha accolto il loro Signore Crocifisso, il sepolcro. Fanno nuovamente esperienza delle braccia aperte del Maestro che le ha accolte quella prima volta e da allora non si sono più separate da Lui. Cercano Lui e lo ritrovano, in quell’abbraccio. È sconcertante, ma è proprio lo stesso abbraccio!
Così l’angelo del Signore, la voce di Dio, affida proprio a loro l’incarico di annunciare il messaggio della Pasqua «...partendo presto» (Mt 28,7), perché l’attesa è finita. C’è una nuova vita da incontrare.
L’esperienza del nostro limite, ci permette di aprirci all’amore che salva di Gesù: è questo il Vangelo. “È l’amore di salvezza, è per questo che sarà predicato” (Carlo Maria Martini).
Ma avviene sempre che quando pensiamo di essere noi a portare Gesù agli altri, è lui che ci viene incontro, che si rivela per ciò che è «Salute, a voi!», cioè Salvezza per tutti! Lui è la nostra salvezza, e quando lo incontriamo realmente, quando sperimentiamo realmente questa salvezza nella nostra vita, ecco che possiamo annunciarlo, con tutto noi stessi anche con le nostre paure, le nostre fragilità. Il Signore si presenta, pur avendo inviato le donne ad andare in Galilea dove con i gli apostoli, sui fratelli, lo avrebbero visto, e si manifesta sulla strada, impaziente corre incontro. Lasciamo che sia lui a trovarci, a consolarci, a salvarci dal nostro peccato. «Non temete» (Mt 28, 10); Gesù dice questo anche a noi incapaci di amare, di stringere e curare relazioni giuste. Mettiamoci in cammino su questa via, che è Gesù stesso. La sua presenza da risorto, si rivela in un modo nuovo a chi lo ha conosciuto: senza pretese, senza eventi strabilianti, ma ci chiede di accoglierlo ancora, ogni giorno dicendo quotidianamente il nostro sì per rimanere fedeli alla nostra umanità risorta con lui.
E lasciamo che non manchi mai la gioia. «χαίρετε» (kʰǎi̯.re.te; gioite) Questo è il vero saluto di Gesù, così come l’angelo Gabriele a Maria «Rallegrati!», tu che hai conosciuto la salvezza; così come il popolo d’Israele perduto nel deserto e inseguito da «tutti i cavalli del faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri» (Es 14, 23) che viene liberato dalla mano potente del Signore.
In questa notte a Lui cantiamo oggi, come ieri: «Il Signore regna in eterno e per sempre» (Es 15, 18) e danziamo con gioia, perché «crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più» (Rm 3, 8-9).
Antonello Bruno IV anno
Arcidiocesi di Taranto
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