Testi della Liturgia della Parola
Is 58,7-10Sal 111Cor 2,1-5Mt 5,13-16
Gesù dice ai suoi: “voi siete il sale della terra e la luce del mondo.”
Quali le caratteristiche di questi due elementi? Il sale è un cristallo particolare, ricco di inclusioni e
incapace di resistere agli urti. La luce invece viene da una fonte luminosa e si propaga laddove non trova ostacoli. In senso traslato il discepolo potremmo paragonarlo ad una lampada in quanto è portatore di luce ma non ne è la fonte.
L’uso di più immagini ci fa comprendere come sia difficile delineare nitidamente i tratti della figura del discepolo, darne una definizione che non si limiti a inquadrare un ruolo, ma che racconti la profondità dell’esperienza del discepolato.
Gesù come al solito non cade nel tranello del concetto, ma apre alla realtà del simbolo. Sembra quasi che il maestro voglia cimentarsi nel gioco del “se fosse”. Se il discepolo fosse un cristallo? Un condimento? E se fosse un complemento d’arredo?
Il discepolo del Signore come un cristallo è capace di rifrangere la luce ma non perfettamente, come
farebbe un diamante puro, restituendola interamente all’ambiente circostante, ma trattenendone un po’ per se. La trattiene nella consapevolezza che il primo ad avere bisogno di quella luce è egli stesso e senza di essa a nulla serve essere un cristallo. Ogni cristallo è apprezzabile solo quando è esposto a una fonte di
luce.
Come il sale, il discepolo è fragile, urtando con altra materia si sgretola, ma sgretolandosi e diventando nulla può avere la funzione che esso ha per eccellenza, quella di rendere sapida la pietanza in cui si dissolve.
Per fare questo ne occorre poco, un pizzico, quel pizzico che fa la differenza. Di qui la certezza che un piccolo resto basta.
Ma il fatto di poter essere irradia tori di luce e datori di sapidità alla terra non è garanzia che questo
avvenga.
Gesù ci ricorda che pur essendo lampada, possiamo correre il rischio di nasconderci sotto il moggio e pur essendo sale possiamo perdere il sapore. E qui entra in gioco la nostra libertà: Dio è onnipotente, ma sceglie di non fare tutto da solo. Egli continua a chiamare uomini e donne che siano sale che dà sapore e lampade che illuminano.
Un’ultima suggestione: perché Gesù utilizza proprio queste due immagini? Forse perché il discepolo ha bisogno di due sensi fondamentali per seguire davvero il Maestro: il gusto e la vista. Finalmente, possiamo dire che il discepolo di Cristo è colui il quale ha accolto l’invito del salmista: “Gustate e vedete come è buono il Signore”.
Testi della Liturgia della Parola
Is 58,7-10Sal 111Cor 2,1-5Mt 5,13-16
Gesù dice ai suoi: “voi siete il sale della terra e la luce del mondo.”
Quali le caratteristiche di questi due elementi? Il sale è un cristallo particolare, ricco di inclusioni e
incapace di resistere agli urti. La luce invece viene da una fonte luminosa e si propaga laddove non trova ostacoli. In senso traslato il discepolo potremmo paragonarlo ad una lampada in quanto è portatore di luce ma non ne è la fonte.
L’uso di più immagini ci fa comprendere come sia difficile delineare nitidamente i tratti della figura del discepolo, darne una definizione che non si limiti a inquadrare un ruolo, ma che racconti la profondità dell’esperienza del discepolato.
Gesù come al solito non cade nel tranello del concetto, ma apre alla realtà del simbolo. Sembra quasi che il maestro voglia cimentarsi nel gioco del “se fosse”. Se il discepolo fosse un cristallo? Un condimento? E se fosse un complemento d’arredo?
Il discepolo del Signore come un cristallo è capace di rifrangere la luce ma non perfettamente, come
farebbe un diamante puro, restituendola interamente all’ambiente circostante, ma trattenendone un po’ per se. La trattiene nella consapevolezza che il primo ad avere bisogno di quella luce è egli stesso e senza di essa a nulla serve essere un cristallo. Ogni cristallo è apprezzabile solo quando è esposto a una fonte di
luce.
Come il sale, il discepolo è fragile, urtando con altra materia si sgretola, ma sgretolandosi e diventando nulla può avere la funzione che esso ha per eccellenza, quella di rendere sapida la pietanza in cui si dissolve.
Per fare questo ne occorre poco, un pizzico, quel pizzico che fa la differenza. Di qui la certezza che un piccolo resto basta.
Ma il fatto di poter essere irradia tori di luce e datori di sapidità alla terra non è garanzia che questo
avvenga.
Gesù ci ricorda che pur essendo lampada, possiamo correre il rischio di nasconderci sotto il moggio e pur essendo sale possiamo perdere il sapore. E qui entra in gioco la nostra libertà: Dio è onnipotente, ma sceglie di non fare tutto da solo. Egli continua a chiamare uomini e donne che siano sale che dà sapore e lampade che illuminano.
Un’ultima suggestione: perché Gesù utilizza proprio queste due immagini? Forse perché il discepolo ha bisogno di due sensi fondamentali per seguire davvero il Maestro: il gusto e la vista. Finalmente, possiamo dire che il discepolo di Cristo è colui il quale ha accolto l’invito del salmista: “Gustate e vedete come è buono il Signore”.
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