La scena evangelica di questa solennità fa balzare agli occhi due forme diverse di sapienza: la prima forma la troviamo nei Magi, che Matteo descrive come sapienti, profondi conoscitori degli astri che vengono da “oriente”; invece l’altra forma la ritroviamo nei capi dei sacerdoti e gli scribi. Questi ultimi sono uomini notabili dal popolo e profondi conoscitori della Scrittura, e infatti, di fronte alla richiesta di Erode che voleva sapere il luogo preciso dove doveva nascere questo Gesù, essi rispondono citando la profezia: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele” (Mt 2,6).
Che differenza c’è, però, tra queste due sapienze? È evidente che la sapienza dei Magi sta nel fatto che nella loro quotidianità accade qualcosa di strano che stravolge i loro piani. Essi, pur non facendo parte del popolo eletto, ricevono un segno da Dio, la stella, che li conduce fino a Gesù. “Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2,2). Questo Re annunciato dalla stella, gli ha fatti uscire dai loro limiti e hanno percorso interi sentieri
pur di conoscerlo. Al contrario, i capi dei sacerdoti e gli scribi rimangono nella conoscenza teorica della Scrittura, fermi sulle loro posizioni. Il loro annuncio è così sterile che non riescono a far capire ad Erode che quel Re non è un suo antagonista, ma è un Re di tutt’altro genere.
Se ci pensiamo, tutto ciò può accadere anche a noi che dinnanzi alla imprevedibilità della vita quotidiana rimaniamo fermi sulle nostre comodità e sulle nostre rigidezze, magari continuando a sfoggiare le nostre presumibili conoscenze sulla Scrittura, oppure a fare le nostre pie devozioni che a volte rischiano di essere annunciate in modo sterile perché sono vuote della presenza del Signore.
Quando, però, l’annuncio concreto arriva all’uomo sapiente, egli si lascia convertire nella semplicità della quotidianità. La vita dell’uomo sapiente è completamente trasformata, come avviene ai Magi: guardando la stella “provarono una gioia grandissima”, nonostante ne avessero viste tante nella loro vita. Seguendola arrivano alla grotta dove trovano il bambino, gli donano quanto di più di prezioso hanno e nel gesto della prostrazione si compie così la loro conversione.
Il mistero del Natale e in particolare il Vangelo di questa solennità ci annunciano questa Parola fattasi carne: Dio si fa conoscere così per vivere in comunione con l’umanità. L’uomo dinanzi a questa meraviglia non può far altro che prostrarsi e adorare.
Francesco Desantis, IV anno
Arcidiocesi di Bari-Bitonto
Is 60,1-6
Sal 71
Ef 3,2-3a.5-6
Mt 2,1-12
«Dov’è la sapienza?»
“Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce” (Is 60,1): inizia così la liturgia della Parola della solennità dell’Epifania, con l’invito del profeta Isaia al popolo di Gerusalemme a celebrare la gloria e la presenza luminosa del Signore.
Nel Vangelo la nuova Gerusalemme è, invece, Betlemme: città dispersa e dimenticata, che diventa sede della gloria di Dio. Questa “gloria” è di carne ed è contenuta all’interno di una grotta fredda e umida e che illumina “tutte le genti”. Il suo nome è Gesù, il Signore.
L’Epifania oltre ad essere manifestazione della Gloria di Dio, cioè di Gesù Cristo, è anche completamento del mistero di Natale.
Confrontando il brano evangelico della “Notte di Natale” (Lc 2,1-14) e quello di questa domenica, notiamo un avvicendamento di persone coinvolte ma gli eventi si susseguono allo stesso modo. A Natale i pastori, oggi i Magi. Entrambi sono destinatari di un annuncio: la Nascita del Salvatore; entrambi attoniti e inquieti prima di mettersi in viaggio ma alla fine assaliti da gioia e stupore.
La scena evangelica di questa solennità fa balzare agli occhi due forme diverse di sapienza: la prima forma la troviamo nei Magi, che Matteo descrive come sapienti, profondi conoscitori degli astri che vengono da “oriente”; invece l’altra forma la ritroviamo nei capi dei sacerdoti e gli scribi. Questi ultimi sono uomini notabili dal popolo e profondi conoscitori della Scrittura, e infatti, di fronte alla richiesta di Erode che voleva sapere il luogo preciso dove doveva nascere questo Gesù, essi rispondono citando la profezia: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele” (Mt 2,6).
Che differenza c’è, però, tra queste due sapienze? È evidente che la sapienza dei Magi sta nel fatto che nella loro quotidianità accade qualcosa di strano che stravolge i loro piani. Essi, pur non facendo parte del popolo eletto, ricevono un segno da Dio, la stella, che li conduce fino a Gesù. “Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (Mt 2,2). Questo Re annunciato dalla stella, gli ha fatti uscire dai loro limiti e hanno percorso interi sentieri
pur di conoscerlo. Al contrario, i capi dei sacerdoti e gli scribi rimangono nella conoscenza teorica della Scrittura, fermi sulle loro posizioni. Il loro annuncio è così sterile che non riescono a far capire ad Erode che quel Re non è un suo antagonista, ma è un Re di tutt’altro genere.
Se ci pensiamo, tutto ciò può accadere anche a noi che dinnanzi alla imprevedibilità della vita quotidiana rimaniamo fermi sulle nostre comodità e sulle nostre rigidezze, magari continuando a sfoggiare le nostre presumibili conoscenze sulla Scrittura, oppure a fare le nostre pie devozioni che a volte rischiano di essere annunciate in modo sterile perché sono vuote della presenza del Signore.
Quando, però, l’annuncio concreto arriva all’uomo sapiente, egli si lascia convertire nella semplicità della quotidianità. La vita dell’uomo sapiente è completamente trasformata, come avviene ai Magi: guardando la stella “provarono una gioia grandissima”, nonostante ne avessero viste tante nella loro vita. Seguendola arrivano alla grotta dove trovano il bambino, gli donano quanto di più di prezioso hanno e nel gesto della prostrazione si compie così la loro conversione.
Il mistero del Natale e in particolare il Vangelo di questa solennità ci annunciano questa Parola fattasi carne: Dio si fa conoscere così per vivere in comunione con l’umanità. L’uomo dinanzi a questa meraviglia non può far altro che prostrarsi e adorare.
Francesco Desantis, IV anno
Arcidiocesi di Bari-Bitonto
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