I primi a saperlo sono Pietro e Giovanni, che non se lo lasciano ripetere due volte e si recano, in fretta, al luogo dove Gesù era stato deposto. L’evento più straordinario della storia, non può attendere; il mistero della vittoria di Cristo domanda di essere diffuso, la sua forza dirompente deve essere sprigionata. Giovanni, agile nel corpo e nel cuore, arriva al sepolcro per primo, sbircia, ma non entra: attende Pietro che lo raggiunge, un po’ al rilento e col fiato grosso. In un gesto di infinita delicatezza gli cede il passo. Sa bene, infatti, quale incarico impegnativo gli ha affidato Gesù. Pietro si rende conto che nel sepolcro Gesù non c’è, ma ci sono i segni della sua deposizione accantonati, il sudario e i teli. «Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.» Giovanni, entrato nella tomba, vede che Gesù non c’è e crede che Gesù, in realtà, c’è. Il Signore è stato risvegliato dalla morte, è risuscitato, è il sempre vivo e sempre presente: questa è la verità che appare, in crescendo, nella coscienza dei discepoli e viene ultimamente confermata dagli incontri che essi faranno col Signore risorto.
E noi celebriamo questo mistero insondabile e altissimo, che nessuno ha potuto vedere, che sfida la nostra immaginazione, ma che si appella alla nostra fede. Dal Calvario al sepolcro vuoto: un itinerario affascinante, in cui la liturgia ci prende, ancora una volta, per mano. Questa notte, è avvenuto un duello prodigioso (Cf Sequenza), della cui potenza la liturgia ci ha dato una intuizione. Il bene e il male, la luce e l’oscurità, la verità e la menzogna si affrontano e, mentre la lotta continua, la luce avanza.
At 10,34a.37-43
Sal 117
Col 3,1-4
Gv 20,1-9
Qualche ora addietro abbiamo assistito al dilagare del buio sulla terra. I più vicini a Gesù, confusi e spaventati, se la sono data a gambe. Il suo corpo irriconoscibile, gentilmente concesso, è stato seppellito in una tomba prestata da Giuseppe d’Arimatea. All’indomani, un gruppo di donne si reca al sepolcro, per strofinare con olio e lacrime quelle membra. Ma al loro arrivo la pietra che sigillava la tomba è stata ribaltata.
I primi a saperlo sono Pietro e Giovanni, che non se lo lasciano ripetere due volte e si recano, in fretta, al luogo dove Gesù era stato deposto. L’evento più straordinario della storia, non può attendere; il mistero della vittoria di Cristo domanda di essere diffuso, la sua forza dirompente deve essere sprigionata. Giovanni, agile nel corpo e nel cuore, arriva al sepolcro per primo, sbircia, ma non entra: attende Pietro che lo raggiunge, un po’ al rilento e col fiato grosso. In un gesto di infinita delicatezza gli cede il passo. Sa bene, infatti, quale incarico impegnativo gli ha affidato Gesù. Pietro si rende conto che nel sepolcro Gesù non c’è, ma ci sono i segni della sua deposizione accantonati, il sudario e i teli. «Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.» Giovanni, entrato nella tomba, vede che Gesù non c’è e crede che Gesù, in realtà, c’è. Il Signore è stato risvegliato dalla morte, è risuscitato, è il sempre vivo e sempre presente: questa è la verità che appare, in crescendo, nella coscienza dei discepoli e viene ultimamente confermata dagli incontri che essi faranno col Signore risorto.
E noi celebriamo questo mistero insondabile e altissimo, che nessuno ha potuto vedere, che sfida la nostra immaginazione, ma che si appella alla nostra fede. Dal Calvario al sepolcro vuoto: un itinerario affascinante, in cui la liturgia ci prende, ancora una volta, per mano. Questa notte, è avvenuto un duello prodigioso (Cf Sequenza), della cui potenza la liturgia ci ha dato una intuizione. Il bene e il male, la luce e l’oscurità, la verità e la menzogna si affrontano e, mentre la lotta continua, la luce avanza.
Mentre il male è costretto a rintanarsi vergognosamente e fuggire, la luce risplende. Ciò che avviene nel grande mistero della risurrezione di Cristo avviene di fatto anche dentro di noi, dentro di me: se ho il coraggio di passare dalla codardia del fuggiasco al coraggio del discepolo, prenderò il serio impegno di penetrare le profondità del cuore e, insieme al Signore vittorioso, riconoscere le ombre e vincerle con la sua luce radiosa. Il mistero della risurrezione mi chiama a sbugiardare l’oscurità che è in me, che nulla ha a che vedere con la luce della verità, dell’amore, del bene.
La risurrezione di Cristo avviene nel segno della speranza; e lui sa bene, in questo momento storico, quanto ne abbiamo bisogno! Le sicurezze sembrano svanire, la visione del futuro è dominata dall’incertezza, ci accorgiamo di quanto la vita sia fragile. C’è bisogno che la forza della risurrezione faccia germogliare nuovi slanci, desideri di rigenerazione, nuove prese di responsabilità nei confronti dei fratelli, nel nome di Cristo, il risorto. Allora risorgerò, mi desterò alla luce nuova della risurrezione. Allora risorgeremo.
Gianmarco Sperani, IV anno
Arcidiocesi di Lecce
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