In questa quinta Domenica di Pasqua il Vangelo ci invita nella vigna del Padre perché la nostra vita possa portare frutto. Come possiamo oggi noi portare frutto? Gesù lo dice ai discepoli di allora ma lo dice ancora una volta a noi oggi: “rimanendo in lui”. Questa relazione è espressa attraverso la metafora del tralcio e della vite. Come il tralcio condivide con la vite, la stessa pianta, la stessa vita e l’unica radice così anche noi, con Gesù siamo resi partecipi di un solo amore e una sola Parola. Osservando la Parola riceviamo quella linfa che rivitalizza la nostra vita, passando dall’infedeltà alla fedeltà, dalla sterilità alla fecondità, dal lutto alla gioia: in Gesù c’è la vita nuova, se viviamo come tralci uniti a lui possiamo portare frutti d’amore. Ma Gesù ci dice anche che chi non rimane in lui vive una condizione di morte, perché la nostra vita diventa inutile, come quel tralcio secco che non serve a niente e viene gettato e poi bruciato. Rimanere in lui, oggi, significa perciò essere consapevoli che senza quella linfa, quell’amore quella figliolanza con lui non possiamo far nulla. Lasciamo allora che Dio si prenda cura della vigna, che è la nostra vita, perché possiamo diventare discepoli suoi che vivono sempre di più di lui come lui del Padre.
Cristian Candiota, III anno
In questa quinta Domenica di Pasqua il Vangelo ci invita nella vigna del Padre perché la nostra vita possa portare frutto. Come possiamo oggi noi portare frutto? Gesù lo dice ai discepoli di allora ma lo dice ancora una volta a noi oggi: “rimanendo in lui”. Questa relazione è espressa attraverso la metafora del tralcio e della vite. Come il tralcio condivide con la vite, la stessa pianta, la stessa vita e l’unica radice così anche noi, con Gesù siamo resi partecipi di un solo amore e una sola Parola. Osservando la Parola riceviamo quella linfa che rivitalizza la nostra vita, passando dall’infedeltà alla fedeltà, dalla sterilità alla fecondità, dal lutto alla gioia: in Gesù c’è la vita nuova, se viviamo come tralci uniti a lui possiamo portare frutti d’amore. Ma Gesù ci dice anche che chi non rimane in lui vive una condizione di morte, perché la nostra vita diventa inutile, come quel tralcio secco che non serve a niente e viene gettato e poi bruciato. Rimanere in lui, oggi, significa perciò essere consapevoli che senza quella linfa, quell’amore quella figliolanza con lui non possiamo far nulla. Lasciamo allora che Dio si prenda cura della vigna, che è la nostra vita, perché possiamo diventare discepoli suoi che vivono sempre di più di lui come lui del Padre.
Cristian Candiota, III anno
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