IL CROCIFISSO DI HELMUT PERATHONER

Cappella S. Giuseppe

La bellezza dell’arte sta nella capacità che ha di stupirci, di suscitare emozioni e di rinviarci a qualcosa che va ben oltre l’opera in sé. È questo che evoca il Crocifisso di Helmut Perathoner presente nella cappella San Giuseppe del nostro Seminario. Un’opera che a prima vista appare incompleta.

Per coglierne il senso profondo non basta contemplarla semplicemente sostandole dinanzi. È lo scultore stesso che, con la linea orizzontale che segna la croce, indica la prospettiva da assumere. Occorre posizionarsi sulla sinistra della croce, occorre assumere la posizione del discepolo amato. Anche la luce è fondamentale per contemplare l’opera nella sua totalità.

Di giorno, il fondo appare grigio chiaro, proprio del colore dell’acciaio. Con una luce fioca dall'alto che illumina soltanto il crocifisso, il fondo appare nero e il Cristo appare di un bianco luminoso, ad evocare il Prologo di Giovanni: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta» (Gv 1,4-5).

È come se l’opera invitasse chi la contempla ad abbandonare le tenebre del peccato per seguire la luce vera, riscoprendosi discepolo amato che non teme di affrontare la croce, di sostare sotto di essa contemplando unicamente il volto sofferente di Cristo. È così che quelle braccia non scolpite non lo rendono un crocifisso mozzato, ma un crocifisso che invita a collocarsi nel punto giusto, un crocifisso che col suo candore preannuncia che l’ultima parola non è della morte ma della vita.