Testi della Liturgia della Parola
Is 22,19-23
Sal 137 (138)
Rm 11,33-36
Mt 16,13-20
La domanda chi è Gesù? è centrale per la nostra fede e per la nostra vita e la risposta a questo interrogativo dipende dalla relazione con lui.
Gesù a Cesarea di Filippo chiede ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Gesù con il titolo Figlio dell’uomo intende riferirsi a quella figura di Salvatore profetizzata da Daniele (cfr. Dn 7,13-14) e attesa da Israele per la fine dei tempi. I discepoli rispondono dicendo quello che la gente pensava che lui era un profeta: per alcuni egli sarebbe Giovanni il Battista risorto (cfr. Mt 14,2); per altri sarebbe Elia, il grande profeta rapito in cielo da Dio (cfr. 2Re 2,1-8); per altri ancora sarebbe Geremia, il profeta perseguitato dai sacerdoti del suo tempo. Tutte queste risposte in parte sono vere, ma non riescono a spiegare la singolarità di Gesù.
Gesù pone un’altra domanda, questa volta, diretta al gruppo dei Dodici: «Ma voi, chi dite che io sia?». È una domanda che ha un tono informale, confidenziale, perché è rivolta a coloro che condividono la propria vita con lui, che dovrebbero conoscerlo di più, rispetto alla gente. Risponde a tale interrogativo Simon Pietro con una professione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Con tali parole riconosce in Gesù il Cristo, cioè il Messia atteso da Israele e inoltre il Figlio di Dio, cioè il rivelatore ultimo e definitivo del Padre. Pietro coglie in pienezza l’identità di Gesù.
Egli fa questo non in qualità di rappresentante degli apostoli, ma mosso da una forza interiore, da una rivelazione che gli poteva venire solo da Dio, come Gesù sa riconoscere: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». In quanto destinatario della rivelazione, Simone riceve da Gesù un nome nuovo, Kefa’, accompagnato da una missione: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». Pietro è proclamato dal Signore Gesù roccia capace di confermare i fratelli nella fede e fondamento della sua comunità, la Chiesa. Egli appare come primus nella lista dei Dodici (Mt 10,2) solo per volontà del Signore e riceve da Lui l’autorità di governo («A te darò le chiavi del regno dei cieli») e il potere di legare e sciogliere («tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»), cioè quello di unire e di perdonare.
Gesù si fida di Pietro, uomo povero e fragile, e gli affida un ministero, quello dell’unità e della comunione. Nella Chiesa l’autorità può essere esercitata solo conformandosi a Cristo che è venuto per servire e non per essere servito. E cosi, chiunque svolge un ministero nella comunità, lo deve svolgere nella logica del servizio e dell’amore.
La domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli «Ma voi, chi dite che io sia?», è rivolta oggi a ciascuno di noi.
Chi è Gesù per noi? Cosa significa che Gesù è il Messia?
Testi della Liturgia della Parola
Is 22,19-23
Sal 137 (138)
Rm 11,33-36
Mt 16,13-20
La domanda chi è Gesù? è centrale per la nostra fede e per la nostra vita e la risposta a questo interrogativo dipende dalla relazione con lui.
Gesù a Cesarea di Filippo chiede ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Gesù con il titolo Figlio dell’uomo intende riferirsi a quella figura di Salvatore profetizzata da Daniele (cfr. Dn 7,13-14) e attesa da Israele per la fine dei tempi. I discepoli rispondono dicendo quello che la gente pensava che lui era un profeta: per alcuni egli sarebbe Giovanni il Battista risorto (cfr. Mt 14,2); per altri sarebbe Elia, il grande profeta rapito in cielo da Dio (cfr. 2Re 2,1-8); per altri ancora sarebbe Geremia, il profeta perseguitato dai sacerdoti del suo tempo. Tutte queste risposte in parte sono vere, ma non riescono a spiegare la singolarità di Gesù.
Gesù pone un’altra domanda, questa volta, diretta al gruppo dei Dodici: «Ma voi, chi dite che io sia?». È una domanda che ha un tono informale, confidenziale, perché è rivolta a coloro che condividono la propria vita con lui, che dovrebbero conoscerlo di più, rispetto alla gente. Risponde a tale interrogativo Simon Pietro con una professione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». Con tali parole riconosce in Gesù il Cristo, cioè il Messia atteso da Israele e inoltre il Figlio di Dio, cioè il rivelatore ultimo e definitivo del Padre. Pietro coglie in pienezza l’identità di Gesù.
Egli fa questo non in qualità di rappresentante degli apostoli, ma mosso da una forza interiore, da una rivelazione che gli poteva venire solo da Dio, come Gesù sa riconoscere: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli». In quanto destinatario della rivelazione, Simone riceve da Gesù un nome nuovo, Kefa’, accompagnato da una missione: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa». Pietro è proclamato dal Signore Gesù roccia capace di confermare i fratelli nella fede e fondamento della sua comunità, la Chiesa. Egli appare come primus nella lista dei Dodici (Mt 10,2) solo per volontà del Signore e riceve da Lui l’autorità di governo («A te darò le chiavi del regno dei cieli») e il potere di legare e sciogliere («tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli»), cioè quello di unire e di perdonare.
Gesù si fida di Pietro, uomo povero e fragile, e gli affida un ministero, quello dell’unità e della comunione. Nella Chiesa l’autorità può essere esercitata solo conformandosi a Cristo che è venuto per servire e non per essere servito. E cosi, chiunque svolge un ministero nella comunità, lo deve svolgere nella logica del servizio e dell’amore.
La domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli «Ma voi, chi dite che io sia?», è rivolta oggi a ciascuno di noi.
Chi è Gesù per noi? Cosa significa che Gesù è il Messia?
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