In questa III domenica di quaresima e nelle prossime due domeniche, interrompiamo la lettura del Vangelo di Matteo per leggere il Vangelo di Giovanni. Il Vangelo di Giovanni è l’unico Vangelo non assegnato a un particolare anno liturgico. Invece, le letture del Vangelo di Giovanni sono intervallate durante il nostro ciclo liturgico triennale.
Nel vangelo di oggi, il dialogo tra Gesù e una samaritana è tra i più lunghi che si trovano nella Scrittura e uno tra i più complessi dal punto di vista teologico. L’aspetto più sorprendente della conversazione è che essa sia potuta accadere. Ma spieghiamo meglio il punto. Ci si aspettava che Gesù, un ebreo osservante di quel tempo, evitasse di conversare con le donne in pubblico. Anche l’animosità tra giudei e samaritani avrebbe dovuto impedire la conversazione. La donna stessa allude alla rottura con la tradizione: “Come puoi tu, ebreo, chiedere da bere a me, donna samaritana?” Eppure Gesù non solo conversa con la donna, ma chiede anche di condividere il suo recipiente per bere, azione che rende anche Lui impuro secondo la legge ebraica.
Il colloquio iniziale tra Gesù e la donna si comprende meglio se si considera l’importanza dell’acqua, soprattutto nel clima caldo di Israele. Dapprima la donna intende la promessa di Gesù di “acqua viva” in senso letterale: “Signore, dammi questa acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. Senza acqua corrente, la visita quotidiana al pozzo da parte delle donne della comunità era di fondamentale importanza. Le donne del paese sarebbero andate al pozzo la mattina presto, ma questa donna è venuta al pozzo a mezzogiorno, l’ora più calda della giornata. Il momento della sua visita è un chiaro segno che è un’emarginata all’interno della comunità samaritana. Apprendiamo dalla sua conversazione con Gesù che è un’emarginata a causa dei suoi “molti mariti”.
Sullo sfondo della conversazione c’è l’animosità e la rivalità tra giudei e samaritani. I samaritani condividevano origini ebraiche, ma si erano sposati con donne straniere quando vivevano sotto il dominio degli assiri. La religione dei samaritani includeva il culto di Yahweh, ma era anche influenzata dal culto di altri dei. Quando gli ebrei rifiutarono l’aiuto dei samaritani nella costruzione del tempio di Gerusalemme, loro alla fine costruirono un tempio per se stessi sul monte Garizim (la stessa montagna menzionata dalla donna al pozzo). Come gli ebrei, i samaritani credevano che sarebbe venuto un Messia.
Il momento culminante della conversazione è quando Gesù si rivela a lei come il Messia. La sua risposta alle domande sull’adorazione da parte della donna samaritana ha lo scopo di predire un tempo in cui l’adorazione in spirito e verità diventerà il modo di adorare.
Dopo il colloquio, la Samaritana diventa discepola. Anche se è un’emarginata e non un’ebrea, torna nella sua città per condurre gli altri a Gesù e per chiedersi se ha trovato il Messia. I cittadini samaritani tornano con lei per incontrare Gesù di persona, e si dice che molti giungano a credere in lui.
Il significato dell’incontro tra Gesù e la Samaritana ha molti livelli. Il primo è personale: la donna stessa è convertita alla fede in Gesù come Messia. Gesù conosce il suo peccato ma parla con lei lo stesso. La seconda è sociale: avendo conosciuto Gesù come il Messia, la donna samaritana diventa evangelizzatrice per il proprio popolo.
Il terzo livello del racconto è educativo: Gesù usa il suo incontro con la donna samaritana per insegnare ai suoi discepoli che la misericordia di Dio è senza limiti. I discepoli tornano da fare “provvista di cibi” piuttosto confusi e trovano Gesù che parla con un samaritano, e per di più una donna! Ma la conversione dei cittadini samaritani è un assaggio del tipo di comunità aperta che verrà creata tra coloro che credono che Gesù è il Messia.
Walter Carulli, V anno
Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti