Maria e Giuseppe, obbedienti alla legge ebraica, entrano nel tempio di Gerusalemme per offrire il primogenito al Signore; in questo gesto è evidente la totale fiducia e l’abbandono in Dio, anticipo della vera offerta del Figlio al Padre che si compirà sul Calvario.
Ma il centro della scena è costituito dalla profezia di Simeone che guidato dallo Spirito Santo si reca nel tempio e riconoscendo in Gesù il Messia atteso, erompe in un saluto festoso, unito ad una confessione di fede: le promesse antiche si sono compiute; egli ha visitato il Salvatore, gloria del popolo d’Israele, luce e salvezza per tutte le genti; ormai la sua fine è segnata dal trionfo della vita. Ma tale luce del Messia avrà il riflesso del dolore, perché Gesù sarà segno di contraddizione e Maria, sua madre, sarà coinvolta nella sofferenza del Figlio.
Secondo la legge ebraica per garantire la verità di un fatto si esigeva la deposizione di due testimoni. Dopo il giusto Simeone, la profetessa Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser, vedova, avanzata negli anni, donna di preghiera e penitenza; è un’altra persona povera secondo Dio, tipica rappresentante di coloro che attendevano la redenzione d’Israele. Anna loda il Signore per aver riconosciuto nel bambino Gesù, presentato al tempio, l’atteso Messia e diffonde la notizia su di lui a coloro che vivevano aperti all’evento della salvezza.
In questa domenica celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazareth, esempio e modello per le nostre famiglie, per la totale disponibilità alla volontà di Dio, totale adesione al progetto di Dio.
Maria, esempio di docilità all’azione dello Spirito Santo che le chiede di diventare la madre del Messia. Maria come ogni giovane donna del suo tempo stava per concretizzare il suo progetto di vita, quello di sposare Giuseppe, ma quando Dio la chiama ad una missione particolare Maria risponde subito col suo “Eccomi”. Esempio per tutte quelle mamme che si prendono cura dei loro figli ammalati, mogli che si prendono cura dei loro mariti ammalati, per tutte quelle mamme e mogli che hanno i loro figli o mariti in carcere, che soffrono per alcune dipendenze, che devono lottare con la crisi economica causata da questa pandemia, affinché possano anche loro rispondere come Maria “Eccomi”.
Giuseppe, esempio di obbedienza, uomo del silenzio, egli non parla ma agisce obbedendo. “Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra.” Con queste parole Papa Francesco descrive, in modo tenero e toccante, San Giuseppe, lo fa nella Lettera Apostolica Patris corde, pubblicata l’8 dicembre scorso in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica. Esempio per tutti i padri e mariti che sono lontani dalle loro famiglie per motivi di lavoro, politici, di malattia; possano essere come Giuseppe “Padri nell’accoglienza”, che accoglie Maria senza condizioni preventive, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è purtroppo evidente.
Gesù, è la volontà del Padre, in lui dice San Paolo non c’è stato sì e no, ma soltanto sì. E questo si è manifestato in tanti avvenimenti nella sua vita terrena: quando viene ritrovato al tempio dai suoi genitori e rispose “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49); la sua preghiera nell’orto degli ulivi “Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà» (Mt 26,42). Esempio per i figli e le figlie che si dedicano alla cura dei genitori ammalati, anziani; per coloro che a causa di questa pandemia hanno perso i loro genitori e che purtroppo non li hanno potuti assistere nelle ultime cure o salutare per l’ultima volta, affinché possano dire ogni giorno il loro “sì” e il loro “si compia la tua volontà”.
Maria, Giuseppe e Gesù, rappresentano una risposta corale alla volontà del Padre; i tre componenti di questa famiglia si aiutano reciprocamente a scoprire il progetto di Dio.
Michele Cusanno – IV Anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
Gen 15,1-6; 21,1-3
Sal 104
Eb 11,8.11-12.17-19
Lc 2,22-40
Nelle letture di questa domenica nella quale celebriamo la Festa della santa Famiglia di Nazaret, il riferimento alla fede è il filo conduttore che attraverso i testi bilici e li tiene insieme.
Nella I lettura, dal libro della Genesi, il patriarca Abramo è l’uomo della fede, che si abbandona senza riserve a Dio; la promessa compiuta nella fecondità di Sara conferma che la fiducia di Abramo in Dio non è vana. La promessa fatta da Dio ad Abramo di avere un figlio e una discendenza numerosa si consuma in un rito di alleanza tra Dio e il patriarca Abramo: Dio prende l’iniziativa con una proposta e Abramo risponde con un’adesione completa. Con il figlio Isacco inizia la lunga discendenza dei figli dell’alleanza, che vedrà il suo compimento nella persona di Gesù, il Messia atteso dalle genti.
Nella II lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei, notiamo come tutto l’agire di Abramo è segnato dalla fede in Dio. Egli fonda la sua vita unicamente su Dio. Per la fede in Dio egli partì dalla sua terra, da Ur dei Caldei, verso un luogo che in seguito il Signore gli avrebbe indicato come sua eredità. Per fede egli pose la sua fiducia in Dio quando gli fu detto che avrebbe avuto un figlio e una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Per fede salì sul monte Moria per sacrificare il figlio Isacco, unico erede delle promesse divine, anche se il cuore era lacerato dal dolore. Per fede era sicuro che il Signore sarebbe stato capace di far risorgere anche dai morti. Tutta l’esistenza di Abramo e di Sara è determinata dalla loro fede.
Nel Vangelo, l’evangelista Luca, ci racconta la scena della presentazione di Gesù nel tempio di Gerusalemme, che si compone di quattro parti: la presentazione della scena, la profezia di Simeone, la testimonianza della profetessa Anna e il ritorno della famiglia di Gesù a Nazareth.
Maria e Giuseppe, obbedienti alla legge ebraica, entrano nel tempio di Gerusalemme per offrire il primogenito al Signore; in questo gesto è evidente la totale fiducia e l’abbandono in Dio, anticipo della vera offerta del Figlio al Padre che si compirà sul Calvario.
Ma il centro della scena è costituito dalla profezia di Simeone che guidato dallo Spirito Santo si reca nel tempio e riconoscendo in Gesù il Messia atteso, erompe in un saluto festoso, unito ad una confessione di fede: le promesse antiche si sono compiute; egli ha visitato il Salvatore, gloria del popolo d’Israele, luce e salvezza per tutte le genti; ormai la sua fine è segnata dal trionfo della vita. Ma tale luce del Messia avrà il riflesso del dolore, perché Gesù sarà segno di contraddizione e Maria, sua madre, sarà coinvolta nella sofferenza del Figlio.
Secondo la legge ebraica per garantire la verità di un fatto si esigeva la deposizione di due testimoni. Dopo il giusto Simeone, la profetessa Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser, vedova, avanzata negli anni, donna di preghiera e penitenza; è un’altra persona povera secondo Dio, tipica rappresentante di coloro che attendevano la redenzione d’Israele. Anna loda il Signore per aver riconosciuto nel bambino Gesù, presentato al tempio, l’atteso Messia e diffonde la notizia su di lui a coloro che vivevano aperti all’evento della salvezza.
In questa domenica celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazareth, esempio e modello per le nostre famiglie, per la totale disponibilità alla volontà di Dio, totale adesione al progetto di Dio.
Maria, esempio di docilità all’azione dello Spirito Santo che le chiede di diventare la madre del Messia. Maria come ogni giovane donna del suo tempo stava per concretizzare il suo progetto di vita, quello di sposare Giuseppe, ma quando Dio la chiama ad una missione particolare Maria risponde subito col suo “Eccomi”. Esempio per tutte quelle mamme che si prendono cura dei loro figli ammalati, mogli che si prendono cura dei loro mariti ammalati, per tutte quelle mamme e mogli che hanno i loro figli o mariti in carcere, che soffrono per alcune dipendenze, che devono lottare con la crisi economica causata da questa pandemia, affinché possano anche loro rispondere come Maria “Eccomi”.
Giuseppe, esempio di obbedienza, uomo del silenzio, egli non parla ma agisce obbedendo. “Padre amato, padre nella tenerezza, nell’obbedienza e nell’accoglienza, padre dal coraggio creativo, lavoratore, sempre nell’ombra.” Con queste parole Papa Francesco descrive, in modo tenero e toccante, San Giuseppe, lo fa nella Lettera Apostolica Patris corde, pubblicata l’8 dicembre scorso in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione dello Sposo di Maria quale Patrono della Chiesa cattolica. Esempio per tutti i padri e mariti che sono lontani dalle loro famiglie per motivi di lavoro, politici, di malattia; possano essere come Giuseppe “Padri nell’accoglienza”, che accoglie Maria senza condizioni preventive, in questo mondo nel quale la violenza psicologica, verbale e fisica sulla donna è purtroppo evidente.
Gesù, è la volontà del Padre, in lui dice San Paolo non c’è stato sì e no, ma soltanto sì. E questo si è manifestato in tanti avvenimenti nella sua vita terrena: quando viene ritrovato al tempio dai suoi genitori e rispose “Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,49); la sua preghiera nell’orto degli ulivi “Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà» (Mt 26,42). Esempio per i figli e le figlie che si dedicano alla cura dei genitori ammalati, anziani; per coloro che a causa di questa pandemia hanno perso i loro genitori e che purtroppo non li hanno potuti assistere nelle ultime cure o salutare per l’ultima volta, affinché possano dire ogni giorno il loro “sì” e il loro “si compia la tua volontà”.
Maria, Giuseppe e Gesù, rappresentano una risposta corale alla volontà del Padre; i tre componenti di questa famiglia si aiutano reciprocamente a scoprire il progetto di Dio.
Michele Cusanno – IV Anno
Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie
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