“Non fate della casa del Padre mio un mercato!” (Gv 2, 16). Nel brano di questa terza Domenica di Quaresima vediamo un Gesù severo che, proprio alcuni giorni prima della Pasqua ebraica, entra nel Tempio di Gerusalemme e rovina tutti gli affari. Sembra quasi che Gesù abbia commesso un errore di calcolo (immaginiamo che qualcuno, durante le feste natalizie, entri nel miglior supermercato del paese e cominci a distruggere tutto il reparto dei panettoni) ma non è così. Gesù, con questo gesto denuncia uno stile negativo assunto dalla società religiosa ebraica: aver fatto della casa del Signore un luogo di mercato. Quando i pellegrini giungevano al Tempio di Gerusalemme, desiderosi di levare la propria preghiera a Dio, si ritrovano davanti agli occhi lo spettacolo a cui ha assistito Gesù: animali puzzolenti, uccelli che svolazzano da una parte all’altra, urla e quant’altro. Dopotutto, chi è che non sa come ci si sente quando si è al mercato? Immersi non nel sacro, ma nella totale baraonda.
Ai mercanti, presenti nel Tempio, si aggiungevano i cambiavalute. Negli acquisti al Tempio, essendo accettata la valuta romana, bisognava che prima ci si rivolgesse ai kollubistes – letteramente i cambiamonete – che convertivano tale valuta in sicli. Dopodiché il fedele poteva acquistare l’animale ed infine, come voleva la prassi di quel tempo, era necessario che si offrisse il tributo al sacerdote.
La cacciata dei mercati dal Tempio parla al popolo che assiste a quella scena. Scrive l’evangelista Giovanni: “mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome (Gv 2, 23). Il brano parla di una moltitudine, ma è facile immaginare i destinatario di quell'evento fosse, prevalentemente, la gente comune. Lo conferma anche Matteo: gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono (Mt 21, 14-15). È un dettaglio sottile, ma di fondamentale importanza: Gesù con le sue gesta sta parlando principalmente a chi sta al vertice, a quelle figure che dovrebbero dare il buon esempio ma che piuttosto preferiscono farsi inghiottire dalla corruzione e dalla vita facile.
Al termine del brano l’evangelista Giovanni esplicita il senso del gesto: “I suoi discepoli si ricordano che sta scritto lo zelo per la tua casa mi divorerà”(Gv 2,17). Richiamandosi al Salmo 69, l'evangelista ricorda che la Parola di Dio invita i credenti a vigilare sul rapporto con idolatria. Questo peccato ritorna spesso nella storia di Israele, in particolare si manifesta nel cammino nel deserto quando, dopo la fuga dall' Egitto, il popolo di Jahvè si costruisce un vitello d’oro. L'autore dell'Esodo narra che Aronne, raccolti tutti i gioielli d’oro del popolo in cammino, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso (Es 32, 4). Il nuovo Dio è fatto proprio con l’oro del popolo d’Israele: è il Dio della festa e del divertimento. Questo è il Dio di fronte al quale si ritrova Gesù e di fronte al quale si trovano i pellegrini e la gente comune. Come Aronne fece un Dio al suo popolo con il loro oro per poi divertirsi, così i sacerdoti e gli alti funzionari del Tempio di Gerusalemme, mediante il denaro del popolo, riducono Dio a festeggiamento, abitudine e movimento di denaro.
In virtù di ciò, potremmo leggere allegoricamente il rovesciamento dei tavoli dei cambiamonete (la radice del verbo utilizzato per dire il rovesciare è ekcheo, che è lo stesso verbo utilizzato per esprimere l’effusione dello Spirito Santo sui discepoli e per raccontare il suo versamento di sangue durante l’ultima cena): il Signore ci sta invitando a svuotarci delle nostre ricchezze per riempirci di Lui, perché è stato Lui stesso a svuotarsi di sé per riempirsi di noi, Sua ricchezza e Suo tesoro, come riconosce santamente il salmista: “hai fatto di me una meraviglia stupenda” (Sal 139, 14). Non è forse questo il senso delle parole del Battista quando, indicando Gesù ai suoi discepoli, dice: “Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29)? Egli è venuto nel mondo assumendo la nostra stessa umanità e si è caricato Lui stesso del peccato della nostra incredulità. Il Signore Gesù Cristo rovescia i nostri cuori colmi di egoismo, divisione e idolatria, facendoci “uscire dalla condizione servile” (Es 20, 2) e riempiendoci di Spirito Santo e rendendoci tutti uniti Tempio di Dio, membra dell’unico corpo di Cristo, cioè della Chiesa. Gesù purifica il Tempio di Gerusalemme e, nel farlo, purifica anche i nostri cuori: la sua frusta non è violenta, bensì è zelante, è rivolta non a noi ma è per noi, per allontanare ciò che ci rende altezzosi e superbi, egoisti e idolatri, e che ci impedisce di essere fratelli (lo suggerisce anche il verbo usato per descrivere la cacciata degli animali – exebalten – che i sinottici adoperano per riferirsi alla cacciata dei demoni e degli spiriti impuri dal cuore degli uomini che Gesù guarisce).
Mi piace concludere con una brevissima riflessione di Ireneo di Lione, che commenta le parole di Gesù sulla ricostruzione del Tempio in questo modo:
Da ciò deriva che egli definisce tempio di Dio l'opera modellata, quando dice: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3, 16-17): chiaramente egli definisce il corpo come il tempio in cui abita lo Spirito. Come anche il Signore dice su questo argomento: Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Ed egli sa che i nostri corpi non sono solamente tempio, ma anche membra del Cristo (Contro le Eresie 5, 6, 2).
Luca De Fabritis, IV anno
“Non fate della casa del Padre mio un mercato!” (Gv 2, 16). Nel brano di questa terza Domenica di Quaresima vediamo un Gesù severo che, proprio alcuni giorni prima della Pasqua ebraica, entra nel Tempio di Gerusalemme e rovina tutti gli affari. Sembra quasi che Gesù abbia commesso un errore di calcolo (immaginiamo che qualcuno, durante le feste natalizie, entri nel miglior supermercato del paese e cominci a distruggere tutto il reparto dei panettoni) ma non è così. Gesù, con questo gesto denuncia uno stile negativo assunto dalla società religiosa ebraica: aver fatto della casa del Signore un luogo di mercato. Quando i pellegrini giungevano al Tempio di Gerusalemme, desiderosi di levare la propria preghiera a Dio, si ritrovano davanti agli occhi lo spettacolo a cui ha assistito Gesù: animali puzzolenti, uccelli che svolazzano da una parte all’altra, urla e quant’altro. Dopotutto, chi è che non sa come ci si sente quando si è al mercato? Immersi non nel sacro, ma nella totale baraonda.
Ai mercanti, presenti nel Tempio, si aggiungevano i cambiavalute. Negli acquisti al Tempio, essendo accettata la valuta romana, bisognava che prima ci si rivolgesse ai kollubistes – letteramente i cambiamonete – che convertivano tale valuta in sicli. Dopodiché il fedele poteva acquistare l’animale ed infine, come voleva la prassi di quel tempo, era necessario che si offrisse il tributo al sacerdote.
La cacciata dei mercati dal Tempio parla al popolo che assiste a quella scena. Scrive l’evangelista Giovanni: “mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome (Gv 2, 23). Il brano parla di una moltitudine, ma è facile immaginare i destinatario di quell'evento fosse, prevalentemente, la gente comune. Lo conferma anche Matteo: gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono (Mt 21, 14-15). È un dettaglio sottile, ma di fondamentale importanza: Gesù con le sue gesta sta parlando principalmente a chi sta al vertice, a quelle figure che dovrebbero dare il buon esempio ma che piuttosto preferiscono farsi inghiottire dalla corruzione e dalla vita facile.
Al termine del brano l’evangelista Giovanni esplicita il senso del gesto: “I suoi discepoli si ricordano che sta scritto lo zelo per la tua casa mi divorerà”(Gv 2,17). Richiamandosi al Salmo 69, l'evangelista ricorda che la Parola di Dio invita i credenti a vigilare sul rapporto con idolatria. Questo peccato ritorna spesso nella storia di Israele, in particolare si manifesta nel cammino nel deserto quando, dopo la fuga dall' Egitto, il popolo di Jahvè si costruisce un vitello d’oro. L'autore dell'Esodo narra che Aronne, raccolti tutti i gioielli d’oro del popolo in cammino, li fece fondere in una forma e ne modellò un vitello di metallo fuso (Es 32, 4). Il nuovo Dio è fatto proprio con l’oro del popolo d’Israele: è il Dio della festa e del divertimento. Questo è il Dio di fronte al quale si ritrova Gesù e di fronte al quale si trovano i pellegrini e la gente comune. Come Aronne fece un Dio al suo popolo con il loro oro per poi divertirsi, così i sacerdoti e gli alti funzionari del Tempio di Gerusalemme, mediante il denaro del popolo, riducono Dio a festeggiamento, abitudine e movimento di denaro.
In virtù di ciò, potremmo leggere allegoricamente il rovesciamento dei tavoli dei cambiamonete (la radice del verbo utilizzato per dire il rovesciare è ekcheo, che è lo stesso verbo utilizzato per esprimere l’effusione dello Spirito Santo sui discepoli e per raccontare il suo versamento di sangue durante l’ultima cena): il Signore ci sta invitando a svuotarci delle nostre ricchezze per riempirci di Lui, perché è stato Lui stesso a svuotarsi di sé per riempirsi di noi, Sua ricchezza e Suo tesoro, come riconosce santamente il salmista: “hai fatto di me una meraviglia stupenda” (Sal 139, 14). Non è forse questo il senso delle parole del Battista quando, indicando Gesù ai suoi discepoli, dice: “Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1, 29)? Egli è venuto nel mondo assumendo la nostra stessa umanità e si è caricato Lui stesso del peccato della nostra incredulità. Il Signore Gesù Cristo rovescia i nostri cuori colmi di egoismo, divisione e idolatria, facendoci “uscire dalla condizione servile” (Es 20, 2) e riempiendoci di Spirito Santo e rendendoci tutti uniti Tempio di Dio, membra dell’unico corpo di Cristo, cioè della Chiesa. Gesù purifica il Tempio di Gerusalemme e, nel farlo, purifica anche i nostri cuori: la sua frusta non è violenta, bensì è zelante, è rivolta non a noi ma è per noi, per allontanare ciò che ci rende altezzosi e superbi, egoisti e idolatri, e che ci impedisce di essere fratelli (lo suggerisce anche il verbo usato per descrivere la cacciata degli animali – exebalten – che i sinottici adoperano per riferirsi alla cacciata dei demoni e degli spiriti impuri dal cuore degli uomini che Gesù guarisce).
Mi piace concludere con una brevissima riflessione di Ireneo di Lione, che commenta le parole di Gesù sulla ricostruzione del Tempio in questo modo:
Da ciò deriva che egli definisce tempio di Dio l'opera modellata, quando dice: Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi (1Cor 3, 16-17): chiaramente egli definisce il corpo come il tempio in cui abita lo Spirito. Come anche il Signore dice su questo argomento: Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Ed egli sa che i nostri corpi non sono solamente tempio, ma anche membra del Cristo (Contro le Eresie 5, 6, 2).
Luca De Fabritis, IV anno
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