Il Vangelo di oggi ci racconta la manifestazione di Gesú sul lago di Tiberiade. L’Evangelista, nel raccontarci questo avvenimento, ci mostra subito un’incongruenza: contando i presenti notiamo che ci sono soltanto sette degli apostoli che il Signore aveva scelto. Questa assenza indica che il dolore per la perdita fisica di Gesù é ancora forte e vivo e che tra i discepoli regna la confusione e l'incapacità di agire.
Pietro, come guida della comunità, prova a colmare questo vuoto ritornando a pescare: torna a ciò che sa fare e a ciò che ha sempre fatto prima di conoscere il Signore. L'esperienza con Gesù appare quasi terminata e Pietro sembra quasi dirci tra le righe: “É stato un bellissimo incontro, ho appreso qualcosa, ma ora basta!”.
La barca, di notte, sul mare indica il cammino della prima Chiesa, un cammino frammentato e caotico che, di conseguenza, non porta frutti per sostenersi. Ecco, però, che all’alba un uomo li aspetta sulla riva: egli, prima di tutto, si interessa del loro operato e dopo aver appurato che la notte trascorsa sia stata infruttuosa, indica a Pietro come svolgere il suo lavoro. Nel corso degli anni passati con Gesù, Pietro ha imparato ad ascoltare i consigli che li venivano dati, ha appreso l’arte dell’ascolto e perciò asseconda quell’uomo e così avviene il miracolo: la rete si riempie di pesci. La memoria dell'apostolo è rimandata al momento in cui, con i figli di Zebedèo, ha incontrato Gesù mediante il mandato ad essere pescatori di uomini.
Ritornare al passato consente a questi uomini di riconoscere Gesù, ma a Pietro non basta; egli è impulsivo, ha bisogno di correre e di accettarsi che sia veramente Gesù, perciò si sveste, si getta dalla barca per arrivare a nuoto e percorre più velocemente i metri che lo separavano dalla riva.
Giunti a terra anche i discepoli, questi notano con stupore che quell’uomo ha preparato per loro un banchetto: il fuoco, il pane e il pesce non manca; Gesù (che ormai é stato riconosciuto) chiede agli apostoli una compartecipazione al banchetto, invita a prendere del pesce che hanno pescato, a mettere al centro ció che Egli stesso ha dato ai suoi amici. Il Signore, in questo caso, chiede di condividere quei doni che Lui stesso ci ha dato affinché rendano il nostro operato ancor più prezioso, gioioso e che diano vita a tutti gli altri commensali. Ogni dono trattenuto, non é un dono di Dio!
Infine, Gesù che prende in disparte Pietro, ma non per rimproverarlo come a Cesarea di Filippo (Mc 8,32) o per rinfacciargli il rinnegamento, ma per chiedergli per tre volte se lo amasse. Pietro, nel rispondergli non si limita ad un semplice “Signore sai che ti voglio bene”: il tradimento lo ha reso un uomo più maturo rendendolo consapevole che la sola impulsività non basta, ora ha appreso che i grandi ideali possono essere subito spazzati via dalle circostanze della vita.
Il Signore comprende lo stato emotivo-affettivo di Pietro verso di lui ed accetta quel “Ti voglio bene”; per lui va bene così, come accaduto per i pesci anche ora a Pietro chiede una compartecipazione, chiede di partecipare con quel poco che ha. Accettando questa compartecipazione Gesù manda Pietro, lo invia a vivere il suo ministero, a testimoniare ciò che Gesù ha fatto per lui, a raccontare a tutti la sua morte e resurrezione, per passare sempre più da quel “Ti voglio bene” al “Ti amo”.
Questo mandato, vissuto con la stessa modalità di Pietro, è quanto il Signore richiede anche a noi, affinché possiamo divenire, sempre più autenticamente, suoi testimoni.
Salvatore Vurchio, III anno